“E poi ci siamo noi.
“E poi ci siamo noi.
Quelli che a Castelluccio non ci vivono e allora devono stare in disparte ad aspettare, aspettare e sempre aspettare.
Aspettare che si faccia qualcosa per i residenti e chi ha un’attività, anche se in realtà ancora non si è fatto proprio niente, neanche le sistemazioni provvisorie.
Aspettare che passi l’inverno, perché si sa che l’inverno a Castelluccio non si può fare nulla, ostaggio del clima ostile che noi tanto amiamo, in un modo che non si può descrivere.
Aspettare che passino giugno e luglio, che finalmente si è riusciti a riaprire la strada, anche se più a ben vedere non si è fatto quasi nulla per ripristinare davvero la viabilità, e salgono i turisti per vedere la fioritura e le macerie, tutte inesorabilmente lì dove sono da agosto e ottobre dell’anno scorso.
Poi aspettare ancora, giorno dopo giorno, mese dopo mese, di vedersi muovere qualcosa, di avere notizie che parlino di noi. Ma di noi non si parla mai. E non ci dobbiamo lamentare, perché noi possiamo aspettare in fondo.
E invece no. Non aspettiamo più. Perché i “non residenti” SONO Castelluccio, insieme ai residenti, agli agricoltori, agli allevatori e agli imprenditori. Perché Castelluccio non sarebbe stato quel che era senza tutti noi, un paese vivo, un paese vero, fatto di un tessuto sociale complesso, fisso e variabile, ma sempre un tutt’uno.
Certo, noi abbiamo una casa, un lavoro, una famiglia altrove. Certo, abbiamo aspettato, perché c’erano delle priorità.
Ma non ha funzionato, non si è fatto nulla né per gli uni né per gli altri. E ora siamo stanchi.
Perché il dolore che ha provocato in noi vedere Castelluccio distrutto, le nostre case crollate, non si può descrivere tanto è forte.
Perché “tornare” ci manca, solo noi sappiamo quanto. Perché anche noi abbiamo perso un pezzo di vita, i nostri punti di riferimento: la casa dove si è nati, l’infanzia felice e libera dai limiti della città, la chiesa dove abbiamo fatto battesimi, comunioni, cresime, dove molti si sono sposati; i vicoli dove sono nate le amicizie più vere e gli amori più intensi; il piacere di starcene insieme di fronte al Vettore che si tinge di rosa al tramonto e la pace della solitudine nel freddo gelido delle giornate d’inverno.
No, non soffriamo di meno, non eravamo e non siamo un accessorio per Castelluccio. Noi siamo Castelluccio.
E ci siamo stancati di aspettare, non si sa più bene cosa o da chi.
Per cui, per favore, quando pensate a cosa c’è da fare e come, ricordatevi che Castelluccio è questo e va ricostruito per quello che era: un Paese, una comunità.
Pensare altro non ha senso; perché se non torniamo tutti Castelluccio non esisterà più, mai più.
E solo pensarlo è un delitto.”
Silvia Lollini, una di noi.
Ci scusiamo per la scarsa qualità del video, ma è “qualcosa” sopravvissuto al terremoto.
by Per La Vita Di Castelluccio Di Norcia Onlus il 2017-10-19 05:00:24