Santo Natale 2017
💫💫💫 Santo Natale 2017💫💫💫
LETTERA DI CASTELLUCCIO A GESU’ BAMBINO
Caro Gesù Bambino,
lo so, ti sembrerà strano ricevere la letterina di Natale da un paesino, ma Tu che sei nato tra mille difficoltà e stenti, puoi capire come io mi senta.
Per Te non vi era una casa dove nascere, così venisti alla luce in una stalla, con i pastori a celebrarti e la stella cometa ad illuminare il cammino dei Re Magi; io, qui, non ho più case e nemmeno stalle da offrire, i pastori sono lontani, ma, almeno, le stelle sì, quelle non mi lasciano mai solo ed ascoltano i miei sospiri.
Tu sei stato atteso come il trionfante Messia, ma poi la delusione è giunta a coloro che si sono trovati davanti un bambino nato in povertà, un po’ come le persone che si aspettano di vedermi ricostruito o, almeno, con i lavori che mi tolgano di dosso tutte queste macerie, ed invece si ritrovano davanti una cancellata invalicabile dove sono relegato, ridotto in mille pezzi, da troppo tempo ormai. Non voglio trionfi, io ho imparato da Te la semplicità, ma vorrei che, appunto, semplicemente, quello che c’è da fare si faccia.
Chissà, forse c’è qualcosa che si sta facendo ed a me non hanno detto nulla: in questi giorni, probabilmente perché stai arrivando Tu e tutti sono più propositivi, mi sto entusiasmando a sentire molte persone che dicono di voler far di tutto per farmi tornare vivo, soprattutto quando “i capi” dicono che l’emergenza è finita e tutto procede verso il ritorno delle persone nelle loro terre. Ecco, penso, sia arrivato il mio turno!
Finalmente torna la mia gente. Anzi, “la gende mia”, come diciamo qua.
Eh sì caro Gesù Bambino, perché Tu avevi capito che il Mondo non può essere costituito ed avere un senso solo con le “cose e gli animali” del Creato, ma occorre l’umanità che si integri ed evolva con esso; invece, qui è così difficile far comprendere come le persone che hanno le loro case, quel via vai continuo tra porte che si aprono e finestre che si chiudono, sono la mia vitalità, ciò che mi rende così amato da tutti. Senza di loro, io non esisterei e, sicuramente, questi luoghi così preservati dalla furia di alcuni uomini, non sarebbero così intatti.
Vedi, caro Gesù Bambino, nei millenni ho accolto tante persone, non era facile vivere con me: nel lunghissimo inverno divento cupo e certi giorni la bufera spazza via anche le migliori intenzioni. Poi improvvisamente il mio cielo diventa azzurro, di quell’azzurro che ti mette buon umore e ti fa dimenticare le giornatacce. Le strade sono sempre state difficili da percorrere (quando c’erano) ma qui si pazientava – la grande virtù dei montanari – e si sceglieva con saggezza – l’altra virtù dei montanari – quando andare e dove passare. Insomma, la mia gente sa cosa fare per e con me. Perché, lo sanno tutti, sono un tipetto complesso io, fatto di tanti aspetti, alcuni un po’ complicati: ma Tu, ci ami così come siamo e ci aiuti ad esistere soprattutto nelle complicazioni. Ecco, io, adesso, qualche “complicazioncina” ce l’avrei, e di quelle che non ho mai conosciuto. Per questo Ti chiedo aiuto.
Non so cosa fare, le mie genti sono tenute lontane, allora mi abbandono ai ricordi, non per cadere nell’oblio, ma per non perdere l’unico brandello, o forse dovrei dire sassolino, di Storia e Vita, che mi è rimasto.
Ho visto scorrazzare tra le risate nuvoli di bambini ed ho consolato i loro pianti quando si sbucciavano le ginocchia tra i miei vicoletti rocciosi: la prudenza insegnavo loro. Li ho visti divertirsi con gli oggetti più impensati, perché, qui, non c’è mai stato bisogno di giocattoli: abbiamo bacche colorate che possono diventare pietanze prelibate, centinaia di angoli dove giocare a nascondino, una pianura sterminata per far rotolare palloni.
Era bello quando la domenica, soprattutto nelle giornate d’estate, tutti, ma proprio tutti, si ritrovavano in piazzetta, richiamati dal suono delle campane: per nessuna ragione al mondo la mia gente mi avrebbe abbandonato il giorno di Ferragosto. E poi le sere, la stessa piazzetta, diventava il luogo dove ascoltavo con sorniona arrendevolezza gli uomini anziani parlare sempre delle stesse vicende e farsi gli stessi rimproveri; poi si faceva tardi ed arrivavano i ragazzi che si sedevano sul muraglione, ed io, orgoglioso, li vedevo crescere facendo quel nulla che era il tutto, cioè stare insieme. Anche d’inverno o in autunno, io non venivo lasciato mai solo: c’era sempre qualcuno che veniva quassù per celebrare le tradizioni che non sono mai state abbandonate, oppure per riprendersi da un dolore, o, ancora, per godersi la parte più forte del proprio dna. Senza contare coloro che, qui, vedevo lavorare duramente. Un tempo avevo anche il medico, le scuole, pure il trasporto pubblico. Poi, pian piano, tutto è venuto meno. Quassù quando rimango isolato per giorni e giorni, i miei vecchietti o i bimbi malati, senza un medico non si sentono proprio al sicuro. E così, un po’ per lavorare, un po’ per l’assenza di servizi, la mia gente ha stabilito altrove la loro quotidianità. Pochi, invece, attuando tanti correttivi, sono riusciti a rimanere qua. Come posso spiegare che la popolazione di Castelluccio è di Castelluccio anche quando non si trova a Castelluccio? Forse si cessa di essere figli quando si esce dalla casa genitoriale?
Sono stato fotografato, così nudo come sono, con i panni peggiori che io abbia mai indossato, con tanto imbarazzo. Ma va bene pure questo se serve a poter raccontare a tutti le condizioni in cui mi trovo e quanta urgenza ci sia nel poter ridare fierezza a me ed alle mie genti. A volte sento borbottare i miei cari paesani: spesso litigano tra loro perché ciascuno ha un’idea su come poter far muovere “i capi” per riportarmi in vita. Io mi dispiaccio tanto perché mi rendo conto che lo fanno perché sono smarriti e spaventati di non poter tornare qui. Chi si può prendere cura di loro? Io vorrei, ma sono ridotto in mille pezzi, appesantito dalle macerie, come i loro cuori.
Allora, caro Gesù Bambino, io mi rivolgo a Te, che più “capo” di Te non ce n’è, ma sei umile come me, e quindi mi puoi capire se Ti parlo così semplicemente: Ti prego, fai capire a chi di dovere, a chi ha il compito di proteggere me e la mia gente, che senza le persone io qui sarò destinato ad una lenta scomparsa. Fammi tornare a sentire le risate ed i pianti dei bambini, le chiacchiere sottovoce delle vecchiette, le grida degli uomini che si accapigliano, il vociare dei ragazzi, lo schiocco dei baci. Fammi sentire quell’odore di fumo che non impregna i vestiti ma le strade, che è odore di casa; fammi vedere le finestre che in ogni momento dell’anno si aprono e si chiudono a seconda di chi torna per condividere la propria vita con me. Perché, per la mia gente, io, Castelluccio, non sono un luogo di vacanza, ma l’essenza della propria identità, come loro sono per me, la mia anima.
Portaci la Buona Novella, caro Gesù Bambino.
♥️Il tuo amato Castel Monte Precino
al secolo Castelluccio di Norcia
Grazie sempre al Soccorso Alpino e Speleologico Umbria che ci ha permesso di far nascere Gesù anche a Castelluccio una piccola Navità fatta con le nostre mani.
E buon Natale ai militari che lo stanno presidiando, ai quattro gatti e le volpi che fanno loro compagnia.
by Per La Vita Di Castelluccio Di Norcia Onlus il 2017-12-24 15:52:37